Amo il teatro..

Amo il teatro, amo il suo destino fugace, il baratro senza fondo nel quale precipitano le parole pronunciate in scena. 

Amo la voragine infinita in cui tutto scivola, l’abisso in cui si disperdono le nostre azioni. Amo la sorte inspiegabile alla quale il mio mestiere mi sottopone costantemente senza pormi domande e darmi risposte, senza mai farmi sentire inadeguato, così come se camminassi, stessi fermo, pensassi, sognassi. 

Amo il teatro. La vita. E, non fosse per la paura dell’inevitabile panico finale, amerei persino, e ancor più, la morte. Chissà se l’angoscia di quegli attimi, che appare insopportabile a chi ne è lontano, a chi è ancora invischiato, inchiodato nelle ragioni della vita, non diventi invece a quel punto tollerabile. 

Magari è così, magari sfioreremo finalmente il senso della musica delle nostre ore, della colonna sonora del nostro viaggio, di quello che ci scorre accanto e che forse soggiorna nella lontanissima periferia dei nostri pensieri emancipati, tra i gesti e le parole dileguate nel vuoto del nostro immenso palcoscenico.

Massimo Venturiello

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